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Armida Barelli, la donna che fondò l'Università Cattolica del Sacro Cuore

Il vice postulatore della sua causa di beatificazione racconta la sua modernità

Armida Barelli  |  | www.chiesadimilano.it Armida Barelli | | www.chiesadimilano.it

“Io torno dall’Italia meridionale con un’immensa speranza in cuore, speranza appoggiata anzitutto sui nostri magnifici vescovi, sui nostri assistenti, sulle nostre sorelle: quante belle e care anime ho avvicinato, quanti occhi ho visto lampeggiare nell’esposizione del nostro programma massimo!”: così scriveva nel 1920 Armida Barelli, di cui Papa Francesco nello scorso febbraio ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi alla promulgazione del decreto riguardante un miracolo attribuito alla sua intercessione.

Infatti la storia di Armida Barelli è quella di una donna attiva in una pluralità di settori (organizzazione della cultura, associazionismo, vita religiosa e liturgica) riconducibili ad un unico vissuto ricco d’iniziativa, di coraggio, di libera assunzione di responsabilità, di impegno, di devozione assoluta alla gerarchia e di disciplina: una vita che ha come fine quello del riconoscimento di un nuovo ruolo della donna cristiana nel mondo. 

In tale prospettiva, l’apostolato liturgico e la devozione al Sacro Cuore non si esauriscono in una semplice pratica di preghiera, ma animano il grande sforzo di edificare una moderna cultura cattolica, di formare una nuova classe dirigente per un’Italia cristiana, come ha sottolineato Ernesto Preziosi, vicepostulatore della causa di beatificazione e presidente dell’Opera della Regalità: “La sua è una esperienza laicale segnata da una efficace sintesi tra vita attiva e vita contemplativa, che rifugge di fronte alle soluzioni facili: la sua giornata è intrisa di azioni, di preghiera e di carità, in una continua tensione verso Dio”. 

Quale valore ha il decreto di beatificazione di Armida Barelli?

“Con la beatificazione la Chiesa riconosce e propone al popolo di Dio l’esemplarità con cui la Barelli ha vissuto la vita cristiana. Alla luce dell’approfondimento dei suoi scritti, delle sue virtù e dopo aver ascoltato le testimonianze di chi l’ha conosciuta e in seguito all’approvazione, da parte della Congregazione delle cause dei santi, di un miracolo avvenuto per sua intercessione, ora la Chiesa la proclama beata affinché i credenti possano essere accompagnati e incoraggiati sulla via della santità grazie alla sua testimonianza esemplare”. 

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Cosa ha rappresentato Armida Barelli per le donne di quel tempo?

“Con la fondazione della Gioventù Femminile (prima a Milano e poi su mandato di papa Benedetto XV in tutto il Paese) ha fatto compiere al Movimento Cattolico un passo di grande novità. Organizzando le giovani donne, offrendo loro una formazione umana e cristiana, dà loro una dignità nuova e una soggettività inedita. In tal modo le dispose ad un protagonismo in grado di confrontarsi con ‘il secolo delle masse’. La sua è una strada originale di valorizzazione del ‘genio femminile’. Mobilita infatti migliaia di giovani donne senza seguire le orme del femminismo ‘laico’, allora in via di diffusione, fa loro acquisire, radicate in una spiritualità eucaristica, la dignità battesimale e una sostanziale libertà con il riconoscimento di pari dignità con l’uomo. Un’opera che avrà un effetto indubbio sul processo di emancipazione femminile nella Chiesa e nella società. Il suo, in definitiva, non era un femminismo visto sull’onda dei movimenti allora presenti nell’area laica e socialista; per lei e per le giovani donne riunite nella Gioventù femminile di Ac, la dignità e la libertà delle donne avevano un fondamento spirituale, alimentato dalla formazione”. 

In cosa consiste la modernità di Armida Barelli?

“Per una serie di motivi, tra cui indubbiamente la collaborazione con Gemelli e l’Università Cattolica che contribuisce a fondare, la Barelli entra in sintonia con la storia del suo tempo e imprime alla Gioventù Femminile una dimensione formativa e organizzativa capace di far crescere più generazioni di donne consapevoli e motivate, in grado di operare, nel rispetto delle forme del tempo, con un inedito protagonismo ecclesiale. Questa formazione porterà le giovani cattoliche ad essere presenti nella neonata Repubblica sulle frontiere, prima impossibili, del sindacato e della politica”.

Perché fondò il ramo femminile dell’Azione Cattolica e l’Opera della Regalità?

“Il percorso che la porta a fondare la Gioventù Femminile è interessante: inizialmente non se la sente a rispondere all’invito del suo Arcivescovo che le chiede questo impegno, ma poi, constatando le difficoltà con cui le giovani donne vivevano quella stagione, accetta la sfida e da allora lavorerà senza sosta raggiungendo risultati inimmaginabili e coinvolgendo milioni di donne. Questo accadeva dal 1918. Dieci anni più tardi darà vita all’Opera della Regalità per offrire al laicato cristiano strumenti adeguati (in particolare la traduzione dei testi in lingua italiana) per partecipare fruttuosamente alla liturgia. Oggi non ci rendiamo conto di quanto quel passaggio sia stato importante e degli effetti che ha avuto nella formazione del laicato cattolico. La testimonianza di Armida Barelli è quella di una laica cristiana che prende la sua vita in mano, che ama la Chiesa, che si lascia interrogare dal suo tempo e spende l’intera esistenza nell’annuncio dell’amore di Dio, da lei visto nel Sacro cuore. Una donna che, servendo un grande ideale, ci indica la strada di una consapevole vocazione cristiana”.

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Barelli aveva una incrollabile fede nel Sacro Cuore: qual era la sua spiritualità? 

“La sua spiritualità è come sospesa tra forme di devozione tradizionale e nuove modalità di intenderle. E’ così anche per la devozione al Sacro Cuore da lei considerato in una visione più spirituale e meno politica rispetto la spiritualità ottocentesca. Per lei il Sacro Cuore è il ‘Cuore del Re’, l’amore misericordioso di Cristo, che investe ogni azione umana. Il Sacro Cuore è il ‘talismano’ che lascia in eredità alla Gioventù femminile. Vive la fede con sempre maggiore profondità, una fede che conduce a Cristo stesso incontrato, amato e presente. E’ una fede semplice e forte al tempo stesso, vissuta come risposta alla chiamata del Signore. E’ ancora un motivo di attualità che parla alle donne e agli uomini del nostro tempo: la risposta alla chiamata battesimale è la chiave di volta per ogni credente, del laico che vive nel mondo non meno del religioso; è una chiamata che incontra la vita e che chiede una risposta radicale che si proietta sull’intera esistenza”.